Artena
Artena
Cari cittadini, amici e visitatori, oggi celebriamo Artena, un borgo che non è solo un luogo, ma un’emozione, un viaggio nel tempo tra storia, cultura e tradizioni che resistono nei secoli. Qui, tra le colline del Lazio, ogni pietra racconta una storia, ogni vicolo nasconde un ricordo, e ogni evento rafforza il legame tra la comunità e le sue radici.
Artena affonda le sue origini in un passato lontano, che riecheggia nelle vestigia antiche presenti nella Piana della Civita, dove popolazioni italiche e romane hanno lasciato il segno del loro passaggio. Ma il borgo ha vissuto il suo splendore anche in epoche più recenti, sotto il dominio delle grandi famiglie nobiliari. Tra queste, i Borghese, che hanno arricchito il territorio con due straordinarie testimonianze architettoniche: la maestosa Villa Borghese, prima una residenza immersa nella natura che conserva il fascino del suo passato aristocratico, oggi residenza del palio delle contrade, e il prestigioso Palazzo Borghese, che domina il cuore del centro storico e rappresenta uno dei simboli della città.
Ma ciò che rende Artena davvero unica è il suo centro storico, il più grande d’Europa non carrabile. Qui, tra le scalinate in pietra e i vicoli stretti, la vita scorre con un ritmo diverso, più autentico, lontano dal frastuono del traffico moderno. Ed è proprio in questo contesto che i muli, simbolo di una tradizione secolare, continuano a essere parte integrante della vita quotidiana, non solo per il trasporto di merci, ma anche per un innovativo sistema di raccolta differenziata, che unisce rispetto per l’ambiente e valorizzazione delle antiche usanze.
Artena non è solo storia, ma anche tradizione e festa. Il borgo vive e si anima grazie agli eventi che scandiscono l’anno, coinvolgendo cittadini e visitatori in un turbinio di emozioni. Il Palio delle contrade di Artena, con la sfida tra le contrade, accende l’orgoglio e il senso di appartenenza della comunità. Le celebrazioni religiose, come la Festa della Maddalena e quella dedicata alla Madonna delle Grazie di Artena, uniscono fede e folklore in un’atmosfera unica. Durante il periodo natalizio, Artena si trasforma in una meraviglia grazie all'evento “Artena Città Presepe”, che rende il borgo un quadro vivente di magia e tradizione. E poi c’è Live Artena, che porta musica e spettacolo tra le strade, regalando momenti di aggregazione e divertimento.
Artena è un tesoro da custodire, una storia da tramandare, una comunità da celebrare. Qui il passato non è un ricordo lontano, ma una presenza viva che ispira il presente e costruisce il futuro.
Luoghi di interesse Storico Religioso

Chiesa di Santa Croce
CHIESA SANTA CROCE – E’ la seconda Chiesa realizzata ad Artena. E’ stata edificata nel 1200 per volere della famiglia dei Conti di Segni, che in quel momento storico era la proprietaria del feudo di Montefortino (il vecchio nome di Artena). La Chiesa è stata realizzata nel punto più alto del Centro Storico a totale dominio della valle sottostante. La vecchia Chiesa è stata sostituita da quella attuale edificata sulle fondamenta della precednte La Chiesa fu ricostruita per volere del principe Giovan Battista Borghese su progetto dell’architetto Domenico Terzago dal capo mastro muratore Franco Buratti. La prima pietra venne posta il 17 aprile 1659 e la costruzione portata a termine nel 1661.
La chiesa ha due sacrestie: una che doveva servire per il parroco e l’altra per l’arciprete del Capitolo di Santa Maria. Tutte e due con due porte per poter accedere o in chiesa o al coro.
Ha due campanili a torre quadra coronati da un padiglione ottagonale: si ergono ai lati della facciata formando un sol corpo architettonico con la chiesa. Il recente restauro ha riportato la facciata alla sua cromia originale. Sulle due porte laterali sono visibili i rosoni a mosaico dell’antica chiesa. L’arma dei Borghese campeggia sul coronamento della facciata.
Nel presbiterio c’è un bel coro ligneo formato da 13 stalli. All’interno di una sacrestia è stato ritrovato recentemente un affresco del pittore Orazio Zecca, che rappresenta un’Ultima cena particolare.

Santuario di Santa Maria delle Letizie
Il santuario di Santa Maria delle Letizie è la chiesa che custodisce la statua della Madonna delle Grazie. L’edificio attuale è stato costruito tra il 1984 e il 1986 dopo che la vecchia chiesa, simile a quella adesso presente, è stata distrutta nel bombardamento del 31 gennaio 1944, durante gli scontri della Seconda Guerra Mondiale. Era stata realizzata nell’anno 1000 sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Giunone.
La chiesa è composta di due navate, una centrale e più ampia, di fronte all’altare maggiore, e una, più piccola e posta a sinistra dell’ingresso, davanti la cappella della Madonna delle Grazie. Sopra l’altare maggiore è posizionato un grande crocifisso in legno, acquistato nel 2019, e posizionato in loco dopo che il trittico dell’artista valmontonese Piero Casentini – raffigurante, al centro, la Madonna delle Grazie vestita a festa e, nei lati, la tradizione del ritrovamento e un’immaginaria processione – è stato spostato, dall’abside, nella cappella della Madonna delle Grazie, anche a custodia della venerata statua. Infatti, la pala centrale del trittico chiude la nicchia in cui è riposta la statua della Madonna delle Grazie, che viene esposta pubblicamente al culto solo durante i festeggiamenti di Maggio e di Settembre..

Arco Borghese
L’Arco Borghese di Artena, dichiarato monumento nazionale, è la porta d’ingresso alla città antica. È un’imponente struttura edificata tra il 1618 e il 1624 su commissione del cardinale Borghese, che scelse come architetti Martino Longhi e Vasanzio. Il monumento è caratterizzato da una massa di conci di tufo con elementi architettonici e merlature in pietra. La sua posizione si trova in contrasto con la parete del piano della Civita a nord, mentre il lato opposto si affaccia sul panorama della città nuova a sud.
Riconosciuto sia come simbolo della città di Artena che come un’opera fondamentale nel panorama urbanistico del XVII secolo, l’Arco Borghese è oggi il passaggio principale al centro storico. A dispetto del suo aspetto massiccio, la struttura appare leggera ed elegante, si innalza su tre conci diversi e presenta una facciata principale ricca di elementi decorativi. Al centro dell’arco spicca un’aquila ad ali spiegate in travertino, mentre nel terzo concio risaltano due medaglioni tondi di pietra con in rilievo due draghi.
Il grandioso stemma del cardinale troneggia al centro dell’architettura barocca, sormontato da sei merli monolitici di tufo coronati da palle di travertino. Un fregio in travertino, che una volta allietava lo sguardo con l’anno di costruzione impresso in grandi lettere di piombo, completa l’opera

Piazza della Vittoria
La piazza della Vittoria è stata costruita per volere del Cardinale Scipione Borghese dopo il 1615. Fece venire in città il più grande architetto del tempo, John Van Santen – il Vasanzio – a cui diede l’incarico di dotare Montefortino di un nuovo strumento urbanistico. Nella sua sfrenata ambizione, il Cardinale aveva deciso che Montefortino doveva diventare una sorta di Città/Stato, e quindi doveva essere dotata di un apprezzabile arredo urbano. Il Cardinale aveva pensato che il nuovo accesso doveva essere monumentale e “portare” il visitatore su una piazza maestosa, che doveva essere il teatro della vita della Città. E il Vasanzio la penso proprio come un palcoscenico, e attraverso terra di riporto realizzò la più bella e nobile struttura che fosse presente all’epoca, esclusa Roma evidentemente. Sui lati corti della piazza il Vasanzio pose la facciata principale del rinnovato palazzo baronale e in opposizione costruì il palazzetto del Governatore, del tutto simile all’edificio di fronte. Su uno dei lati lunghi “poggiò” il Centro abitato di Artena, come uno scenario sta in fondo al palco, e di fronte lasciò la piazza rivolta verso la vallata a “guardare” giù, fino alle pendici dei Monti Prenestini e tutto il contrafforte prenestino da Zagarolo a Paliano.

Palazzo Borghese
- Il Palazzo Borghese è l’unione di due antichi corpi di fabbrica, appartenuti ai precedenti padroni di Montefortino, ossia i Colonna e i Massimo. L’ala ovest del palazzo, corrispondente al vecchio palazzo dei Colonna, merita una particolare attenzione, in quanto conserva tracce della fabbrica più antica, databile attorno al XIII secolo. Si tratta di una serie di arcate su cui era impostato il vecchio nucleo abitativo. Sul prospetto del palazzo rivolto verso valle è inoltre visibile un’altra serie di archi, ormai tamponati, stretti e alti, in muratura bicroma, aventi in passato funzione di rinforzo e di contenimento del muro. Sempre al XIII secolo sembra appartenere una torre, realizzata in grandi blocchi squadrati, la cui base è visibile nei sotterranei del palazzo, all’interno dell’ex stalla dei Colonna. Nel XVI secolo, grazie ad alcuni disegni dell’epoca, si vede che il palazzo dei Colonna e quello dei Massimo sono ancora divisi, congiunti solo dal cortile interno, il cui uso era probabilmente comune. Anche dopo l’acquisto di entrambe le proprietà da parte di Scipione Borghese, soltanto piccole opere di mantenimento furono effettuate, anche se nel 1615 e nel 1617 ospitò la corte pontificia. Furono probabilmente le visite di Paolo V, che spinsero il cardinale, suo nipote, a intraprendere un più vasto programma edilizio. Scipione incaricò il Vasanzio, attivo nel palazzo fin dal 1615, di procedere all’unificazione dei due palazzi e di dotare l’edificio di stalle adeguate e di ricevere in futuro, in maniera più degna, la corte papale. L’unificazione, non aveva solo il programma di aumentare le stanze, ma anche quello di realizzare un prospetto unitario che simboleggiasse il potere, anche economico, del feudatario. Con questo intento il Vasanzio progettò la nuova loggia, iniziata presumibilmente nell’estate del 1616 e terminata soltanto nel 1623, La galleria, che si sviluppa su tre ordini, non solo unifica i due palazzi, ma ha il suo lato maggiormente decorato all’interno del cortile del palazzo, dove è facilmente visibile dalle stradine che si trovano poco più in alto. Alla morte del Vasanzio, ai lavori subentrarono gli architetti Bolini e Battisti, che costruirono la grande scala ellittica, che dalla strada porta direttamente al piano nobile, rispondendo all’esigenza di dotare gli appartamenti dotati al Principe di un ingresso separato e di un ingresso monumentale.

Granaio Borghese
Grande edificio del ‘700, l’Ex Granaio Borghese fu costruito dai principi Borghese, signori di Artena, ed ha mantenuto la sua funzione originaria fino agli anni cinquanta. Il periodo più florido del palazzo è stato certamente quello a cavallo tra il XIX e il XX secolo, quando tutti i contadini della zona venivano a riporre il loro grano in questo immenso caseggiato che si trova in pieno centro urbano, nella parte bassa del paese, in Via Alessandro Fleming.
Oggi l’edificio ospita uno dei più importanti musei archeologici della zona dedicato a Roger Lambrechts, un piccolo gioiello incastonato nelle sale, altrettanto belle e profumate di storia, e allo stesso tempo, sede del consiglio comunale e di particolari avvenimenti culturali.

Osteria (Oggi Municipio)
Nel progetto di riqualificazione di Montefortino la fabbrica dell’Osteria riveste un ruolo di primo piano. Un’osteria esisteva a Montefortino ancora prima che questa venisse acquistata dai Borghese. I lavori all’osteria documentati nell’archivio Borghese per il 1616 devono riferirsi a quella fabbrica che non sarà demolita. La costruzione della nuova Osteria iniziò nel 1620 e il progetto può essere attribuito al Vasanzio, che morì il 21 agosto 1621 e poté seguire i lavori solo in parte, poiché questi si protrassero almeno fino al 1623. L’osteria aveva una pianta quadrangolare con il lato lungo disposto sulla via latina, originariamente aveva due ordini di arcate per ogni lato, al pian terreno si aprivano i caratteristici archi fatti ad ottagongolo, mentre il piano superiore era ad archi a tutto sesto. I lavori di rifacimento dell’osteria cominciarono dopo il 1620 (in verità i restauri della via consolare erano partiti già nel 1612, ma si erano concentrati solo sul ponte di Ceprano, i cui lavori furono affidati alla direzione del nipote Scipione Borghese) , anno in cui il pontefice Paolo V iniziò il restauro della via Latina (anche se il numero delle stanze risulta comunque sproporzionato rispetto alla frequentazione dei viaggiatori sulla via Latina nel XVII secolo: si preferiva l’Appia). - Non si può inoltre, sottovalutare l’importanza dell’arrivo del giubileo del 1625, che avrebbe condotto a Roma numerosi pellegrini, provenienti anche da sud. Inoltre il Procaccio, il servizio postale che collegava Roma con il Meridione, al tempo di Paolo V, sfruttava il percorso che da Velletri passava per Cisterna e Sermoneta e raggiungeva Terracina, ma il percorso alternativo, definito nuovo, correva a sud di Montefortino, nel territorio del diruto castello di Torrecchia. I vantaggi che potevano provenire all’osteria di Montefortino dall’introduzione del Procaccio erano notevolissimi: i viaggiatori privilegiavano le locande e le osterie in prossimità delle stazioni di posta, perché erano notevolmente migliori di qualità
Piano della Civita
L’importanza dell’area archeologica in località Piano della Civita e delle decennali attività di ricerca ivi condotte è data dal fatto che, a partire dal I sec. a.C., nell’area ormai abbandonata della città, e precisamente sulla cosiddetta terrazza centrale, venne impiantata una villa rustica, che visse almeno fino al III sec. d.C. Anche questo complesso è oggetto da vari anni di regolari campagne di scavo archeologico, che ne stanno ricostruendo l’intera vicenda storica, fatta di modifiche, ampliamenti, ingrandimenti, come in tutti gli edifici che hanno una lunga frequentazione e utilizzo.Ne emerge un panorama fatto di varie tipologie insediative (fattorie, ville rustiche, stationes, qualche santuario) distribuite in maniera abbastanza fitta su colline e pianori, collegate tra loro da una rete stradale capillare facente capo alla Via Latina, che attraversava questo territorio da Ovest ad Est e sul percorso della quale si dislocavano tombe (monumentali e a semplice fossa) e sepolcreti, caratterizzate da differenti rituali funerari (inumazione e incinerazione).I corredi che accompagnavano i defunti, più o meno ricchi (monete, lucerne, oggetti di ornamento personale, giochi, semplice vasellame domestico), contribuiscono a vario titolo alla ricostruzione della vita quotidiana, della società, delle usanze e dell’economia di queste contrade. Il passaggio della via Latina dovette sicuramente contribuire alla floridezza di alcuni insediamenti dislocati lungo il suo percorso, che hanno restituito testimonianze archeologiche che si spingono fino al crepuscolo dell’età antica.Particolare importanza ebbe il sito in località Colle Maiorana, per alcuni identificabile con la statio ad Bivium, in prossimità del punto di confluenza con la via Labicana.
Alcuni dei reperti finora ritrovati sono conservati nel Museo Comunale di Artena ( viale I Maggio, 20). L’area, ancora oggetto di scavi, è situata nella parte più alta del paese e si raggiunge percorrendo in auto Via del Santuario.